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27/05/2017 - NARYN: … la “lupara” dell’Aspromonte!



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Naryn è una regione del Kirghizistan molto vasta che prende il nome dal suo capoluogo e dal fiume che l’attraversa. Vi sto parlando di una delle principali zone dove si scrisse la storia dell’autentico cane da pastore aborigeno dell’Asia centrale il quale, grazie alle infinite transumanze fatte nei secoli dai pastori medio asiatici con il loro bestiame, si riprodusse secondo i più autentici principi naturali generando così degli animali unici per le loro impareggiabili virtù. I cani da pastore del Kirghizistan, chiamati dalla popolazione comunemente Dőbot, non sono animali di struttura troppo robusta ma, spesso dotati di pelo medio lungo per sopportare lunghi inverni rigidissimi e denti simili a quelli di un lupo, si manifestano molto tenaci negli scontri con gli altri cani e notevolmente coraggiosi nel difendere le greggi contro i predatori.

 

(Autentico maschio di Dőbot da me fotografato in Kirghizistan nel 2012)

 

Nessuno dei recenti “Alabai” di creazione russa riuscì mai a competere contro uno degli autentici cani kirghisi utilizzati dai pastori nei loro alpeggi di alta montagna chiamati “Jaloo”; i montanari locali ridono a crepapelle sentendo parlare dei cani sovietici, sanno benissimo che non potrebbero resistere nemmeno una settimana a quel tipo di vita così dura. Se non si proviene da antiche genetiche evolutesi secondo la dura selezione naturale di quei luoghi, in Asia centrale non è così facile sopravvivere!

 

 

Così, ogni volta che mi nasce una cucciola che assomiglia a uno dei soggetti che incontrai sulle montagne kirghise, scelgo sempre di chiamarla Naryn con la speranza che possa diventare come loro.

 

 

Il primo cane che diedi a Carmelo circa due anni fa si chiamava Igor, un buon maschio di pastore dell’Asia centrale sul quale, sia lui che io, ci eravamo fatti tante aspettative.

 

 

Carmelo è un pastore esperto che, come i suoi due fratelli, possiede ormai da anni un folto gregge di capre condotte al pascolo ogni giorno dell’anno nei boschi dell’Aspromonte calabrese. A dire il vero, Carmelo è un pastore come pochi altri, specialmente nel Sud Italia, dove investire soldi in un buon cane da guardiania sembra quasi un sacrilegio; invece lui un giorno mi chiamò e mi disse: “Ho saputo dei suoi cani, ne vorrei acquistare uno forte da inserire con altri che custodiscono le mie capre, qui i lupi ci sono davvero, sono tanti e si fregano il bestiame anche di giorno!”.

 

Per lui, ne avevo scelto uno veramente portato per il lavoro col gregge. Fin da subito si era dimostrato fortissimo contro gli altri cuccioli, così come altrettanto diffidente nei confronti dell’uomo, non era facile avvicinarlo, possedeva un carattere molto “selvatico”, quasi come il lupo. Glielo avevo portato a Napoli da dei cugini che sarebbero poi scesi in Calabria dopo alcuni giorni ed io passai trovarlo qualche tempo dopo: era ancora molto giovane ma prometteva già molto bene e ogni giorno migliorava.

 

 

Carmelo mi chiamava spesso per dirmi che il cane lo stava meravigliando per la sua potenza, purtroppo però la sventura ci ha colti di sorpresa: circa un mese fa il cane è morto avvelenato da alcuni bocconi a base di stricnina che dei malgari, ovviamente senza cani, avevano disseminato nei boschi per sterminare un folto branco di lupi che li stava tormentando da tempo.

 

Sono azioni infami che io non riesco a concepire, anche il lupo ha diritto di sopravvivere in qualità di animale e non va sicuramente contrastato con questi metodi. Vorrei però sottolineare che i colpevoli di questi stermini di lupi non sono solo le persone meschine che agiscono vigliaccamente in questo modo sleale, ma anche le amministrazioni regionali che in molte zone funzionano al peggio esasperando la pazienza degli allevatori. I pastori non sono zoologi, né tanto meno funzionari della protezione animale, loro vivono con i proventi del gregge e sono pronti a eliminare, senza troppi scrupoli, chiunque metta in pericolo il loro patrimonio: si tratta di un’antichissima mentalità radicata da generazioni che non può certamente cambiare in pochi anni del moderno buonismo che sta caratterizzando oggi la nostra società. Molti di loro sparerebbero senza troppi scrupoli a un uomo che volesse rubargli le pecore, figuriamoci se si possono astenere dallo sterminare i lupi quando gli danno fastidio! Queste sono illusioni che nutre solo chi non conosce bene il mondo dei pastori.

E’ però giusto sapere che, quando i pastori o i malgari subiscono una predazione da parte dei lupi o di altri canidi, identificati oggi, come ibridi (ammesso che esistano veramente!) per scagionare gli animali “patrimonio dello Stato”, incontrano difficoltà enormi per ottenere i risarcimenti previsti dalla legge, questo perché s’innesca la solita macchina burocratica che scoraggerebbe chiunque, figuriamoci chi vive in Montagna combattendo ogni giorno contro ogni tipo di intemperie e difficoltà. E’ vergognoso constatare come da un lato ci siano ladrocini di ogni tipo e dall’altro si manifesti così tanta reticenza nel pagare i danni a chi realmente li subisce e continua a lavorare faticando!

 

Da accoppiare con quel maschio, purtroppo scomparso nel peggiore dei modi, avevo ceduto a Carmelo anche una mia cucciolona di nome Naryn che, non solo si dimostrava molto predisposta al lavoro di guardiania, ma sembrava addirittura cresciuta nei pascoli del Kirghizistan.

 

 

Era nata da Asia (Burka x Annibal), una delle mie femmine più forti, accoppiata con Leone (Burka x Kimè), conosciutissimo stallone di mia proprietà che non necessita di presentazioni circa le sue doti caratteriali. Mentre alcune delle sue sorelle si dimostrarono già da cucciole molto predisposte alla guardia della proprietà, lei evidenziò subito tutte le migliori caratteristiche del cane da gregge: diffidente contro i cani e molto tollerante nei confronti delle persone estranee. Fu infatti quello il motivo che mi convinse a inviarla a Carmelo in Aspromonte: non c'era luogo migliore di quello per sperimentare in pratica le sue doti di cane da guardiania Anti Lupo.

 

 

Come molti altri pastori, anche Carmelo storceva un po’ il naso dovendo inserire nel gregge una femmina già così cresciuta, (a volte le tradizioni si tramandano per sentito dire e creano timori infondati per intere generazioni), ma poi decise di infrangere ogni sua credenza e darmi ascolto: anche questa volta, dopo meno di un mese, il cane non solo seguiva il gregge in ogni spostamento, bensì sembrava fosse cresciuto da sempre fra quelle capre!

 

Alcuni giorni fa sono tornato in quell’alpeggio calabrese per verificare come si stava comportando la giovane Naryn e per sapere novità di un altro mio cucciolo maschio che avevamo inserito poco dopo la scomparsa di Igor. Dopo uno scontro con Naryn, il nuovo arrivato aveva pensato bene di cambiare branco e di vivere con i cani di un altro gregge che stava pascolando nella montagna adiacente, mentre la femmina di ormai un anno e mezzo era rimasta con le 300 capre di Carmelo, in compagnia di un maschio meticcio, nato da una femmina di pastore Maremmano Abruzzese accoppiata con un maschio di cane di Mannara e di altri due cuccioloni nati dall’accoppiamento di Igor 

 

 

(pochi mesi prima della sua morte) con una valida femmina meticcia bianca e nera, classificata anch’essa come cane di Mannara.

 

 

Se si supera Reggio Calabria e ci si avvia verso Locri, a un certo punto s’incontrano alcune strade che portano nell’entroterra, verso la parte più meridionale dell’Aspromonte calabrese, una delle montagne più “tribali” che esitano ancora in tutt’Italia, laggiù pare che il tempo si sia fermato secoli fa.

 

 

Strade molto strette quanto irte serpeggiano per condurre il viaggiatore verso una Natura così vera e antica che riuscirebbe a mettere in soggezione il più temprato degli avventurieri. In certi punti la foresta s’infittisce così tanto da diventare buia e la prima cosa che ci si chiede è: “Dove potrebbero vivere i lupi se non in queste zone?”. Se poi si vuole fare appello alla fantasia, non è così difficile immaginare cosa avvenisse ai tempi dei briganti ai malcapitati passeggeri che, in zone così isolate e prive di qualsiasi scappatoia, non potevano far altro che consegnare tutti i loro averi ai banditi che, armati e imbavagliati, sbucavano all’improvviso sbarrando la strada alle diligenze di passaggio.

 

Pascolare in quelle fitte boscaglie significa in pratica portare il bestiame in “bocca ai lupi”, tant’è che Carmelo è uno dei pochi pastori che mi racconta spesso quanti ne abbia già incontrati nella sua carriera di allevatore.

 

 

Alcuni anni fa, ne contò almeno dodici che stavano attaccando il suo gregge, in quella zona i predatori si sentono molto protetti dalla vegetazione e, non appena si accorgono di avere il vento a favore, si avvicinano al bestiame anche di giorno cercando di sottrarre tutto ciò che gli serve per sfamarsi.

Portare nei boschi, ogni giorno dell’anno, un gregge così selvatico non è un’impresa facile, quelle di Carmelo sono capre di una razza autoctona che si spostano rapidamente in montagna rendendosi spesso irreperibili fra i fitti cespugli. Quello è l’habitat ideale per le predazioni dei lupi e, se non si possiede almeno un operaio esperto e alcuni cani da guardiania adeguati, si rischia di perdere in pochi mesi tutti gli animali del gregge.

 

 

Per i predatori, avvicinarsi alle capre e isolarne alcune, facendole correre per un centinaio di metri nel bosco, è cosa da nulla: in certi tratti la visibilità è molto limitata e nessun pastore potrebbe accorgersi in tempo prima che avvenga il triste sacrificio. Anche il coraggio dei cani da guardiania è molto importante per sopravvivere in quelle zone, poiché quei lupi non esitano a predare il bestiame anche sotto i loro occhi.

 

Carmelo è un pastore di grande esperienza e non è sicuramente lui a raccontare le solite leggende di cani che, dopo un lungo combattimento contro i lupi, sono risultati vincitori. Alla mia domanda se non avesse mai visto qualcuno dei suoi cani combattere contro i lupi, mi ha risposto prontamente: “I cani hanno molta paura del lupo, è già tanto se non scappano e rimangono immobili ad abbaiargli a distanza offrendo al pastore il tempo necessario per intervenire. Per proteggere realmente un gregge contro i lupi serve un numero molto elevato di cani, solo così si può vivere un po' tranquilli. Mi è accaduto alcuni anni fa che sette dei miei cani abbiano aggredito in branco una giovane femmina di lupo ma, nonostante loro fossero tanti e lei da sola, la lupa si difendeva abilmente tanto da ferire uno dei cani che ho poi dovuto curare per la forte infezione che era scaturita a seguito delle morsicature subite. Il lupo è il lupo, i cani sono un’altra cosa!”.

Poi mi ha guardato e con un sorriso malizioso ha aggiunto: “Anche la tua femmina ha già avuto un incontro ravvicinato con il lupo, è accaduto un mese fa. Inizialmente è scappato lui, perché sentiva noi gridare e quindi si è impaurito, lei si è sentita forte e lo ha rincorso con grande coraggio. Quando però il lupo è scampato dal pericolo rappresentato da noi pastori, si è fermato ed è stato lui a correre incontro alla femmina: ...credo che lei abbia capito solo in quel momento che non si trattava di un cane ma di un selvatico! Allora è indietreggiata di qualche metro, ma poi si è fermata e ha continuato ad abbaiargli contro rizzando così tanto il pelo sulla schiena da sembrare un istrice. Sono molto contento di NARYN e spero di avere presto dei cuccioli da lei e dal maschio che mi hai portato, non appena riuscirò a riprenderlo! Questi cani sono molto più forti di qualsiasi altro che ho posseduto fino a oggi, gli stessi cuccioli che sono nati fra Geky (il nome che aveva dato a Igor) e la mia femmina di Mannara bianca e nera, stanno crescendo bene, credo che fra pochi anni avrò un buon branco di guardiani e che i lupi faranno molta più fatica a prendersi le mie capre!”.

 

Poi, come tutte le cose belle, anche questa giornata è finita presto ed è arrivata l’ora di tornare a valle, Carmelo mi aveva preparato qualche regalo: un bastone fatto con il durissimo legno di un arbusto spinoso che cresce su quelle montagne, una campana antica con il collare in legno scolpito a mano e qualche forma di buon formaggio.

Avendo lasciato la mia auto piena di bagagli sotto un albero ai margini del bosco, mi è giunta improvvisamente l’ansia di non poterla ritrovare e allora ho esclamato: “Già la mia auto, chissà se la ritroverò ancora!”. Carmelo mi ha guardato un po’ stranito e, con la cantilena flemmatica dell’autentico pastore calabrese, sorridendo mi ha risposto: “Qui nella mia montagna non tocca niente nessuno!”. Infatti “lei” era laggiù che mi aspettava.

 

 

Come ho già detto più volte, io non credo che potrei mai fare il pastore di professione, penso si debba nascere già predisposti per una vita così dura e senza un giorno di tregua, io non posseggo sicuramente quella tempra. Certo è, che al solo belare delle pecore e al tintinnare delle loro campane, provo un entusiasmo che null’altro mi sa dare; non importa se mi trovo in Asia centrale, in Transilvania o sulle mie montagne piemontesi, in quel momento tutto il resto svanisce e, perdendo ogni cognizione del tempo, sogno di essere anch’io un vecchio pastore transumante.

 

Allevare cani per mestiere è un lavoro molto impegnativo, se poi si tratta di cani di forte carattere come i miei, è pieno d’incombenze e difficoltà, spesso al termine della giornata mi sento affaticato, ma ogni volta che la vita mi regala una giornata come quella cche ho appena trascorso in Aspromonte, mi rendo conto invece di quanto io sia privilegiato svolgendo un lavoro che rappresenta anche la mia più grande passione.

 

Per un amante dei cani da pastore, quello dei pascoli è un mondo UNICO per il suo fascino, pieno di segreti e tradizioni. Non mancate allo Stage di 3 giorni che ho organizzato in montagna a fine luglio: imparerete molte cose nuove! ECCO IL PROGRAMMA.

 

Cliccare QUI per vedere il Filmato di NARYN.

 

  

 

 

 

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