IL CANE PASTORE TURKMENO
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05/05/2016 - Il mio 8° viaggio in Asia centrale nel SUD UZBEKISTAN



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Anche se visitare l’Asia centrale come turisti può sembrare un po’ inquietante, in realtà, fin quando si rimane nelle capitali dei vari stati, muniti di visto regolare e senza trasgredire alcune regole (specialmente quelle legate alla religione e al rispetto dovuto ai presidenti), non si corrono grossi rischi, anzi, il meticoloso controllo che esercitano i vari corpi di polizia, rendono questo continente molto più sicuro e vivibile di quello europeo. La gente è abbastanza ospitale nei confronti degli stranieri (il turismo è considerato da quasi tutti i governatori medio-asiatici una buona fonte di reddito) ed esclusi piccoli inconvenienti che possono sorgere con i molti alcolizzati che s’incontrano lungo la strada, non appena arrivano le ore serali, è praticamente impossibile subire furti o aggressioni, tipici invece delle nostre grandi città.

 

 

Quando si ha invece la necessità, come nel mio caso, di dover incontrare i cani dei pastori che vivono con il loro bestiame nei luoghi più sperduti delle montagne, specialmente se si trovano al confine con stati un po’ “caldi” o particolarmente militarizzati, diventa tutto molto più complicato. E’ però solo in quei luoghi che io posso incontrare e intervistare chi da secoli porta avanti la tradizione dell’autentico cane da guardiania Anti Lupo, animale di grande valore genetico, utilizzato da sempre per proteggere il bestiame dagli attacchi dei predatori.

 

 

Tant’è che non appena mi si è presentata l’occasione di poter visitare il Sud dell’Uzbekistan, una lingua di terra che si trova “pizzicata” fa le montagne del Tagikistan, dell’Afghanistan e del Turkmenistan, non me lo sono fatto dire due volte, vista anche la disponibilità di un “anziano” appassionato cinofilo che mi ha aiutato a trovare dei buoni contatti sul posto per reperire il personale necessario alla mia ricerca.

 

Purtroppo, nessuno degli amici che mi hanno sempre accompagnato nei miei precedenti viaggi in Asia centrale (tranne quello che feci da solo nel 2011 in Turkmenistan nel Deserto del Karakum) era disponibile anche quest’anno a venire con me e quindi ho dovuto partire senza “compagnia” verso quelle terre lontane che rappresentano per me un’attrazione sempre più forte, vista la possibilità che mi offrono ogni volta di poter conoscere meglio il cane che allevo e seleziono da anni.

 

 

Viaggiare da soli in Asia centrale è un’esperienza abbastanza dura ma altrettanto stimolante poiché induce il turista a molte riflessioni che probabilmente sfuggirebbero se in compagnia di altri con i quali si condivide l'esperienza. Molti mussulmani non vedono certamente troppo di buon occhio chi non è della loro stessa religione e non perdono mai l’occasione di fartela pagare in ogni occasione, specialmente se ti trovi con loro da solo e sperso fra le montagne più dimenticate del mondo. A tutto ciò si aggiunge la poca voglia che hanno le guide di collaborare per soddisfare le esigenze del turista, anche se vengono pagate per questo, oltre alla scarsa considerazione che hanno degli animali in generale, specialmente dei cani che considerano degli esseri immondi e per i quali non provano la minima passione.

 

 

Tutto questo rende la mia permanenza in Asia centrale sempre molto faticosa anche se poi, non appena ritorno a casa, sono molto soddisfatto di essere andato a scoprire nuove cose su questo meraviglioso cane che allevo da oltre 15 anni.

 

Alle normali difficoltà, in questo viaggio sapevo che si sarebbe aggiunta quella di voler visitare terre ai confini dell’Afghanistan in un momento in cui il terrorismo islamico è alle stelle (pare che oltre 5000 uzbeki siano in Siria per addestrarsi con l’Isis e vogliano rientrare per ribellarsi ad un presidente non particolarmente favorevole ai costumi della religione) e quindi mi era stato detto che avrei dovuto essere accompagnato da qualcuno che potesse garantire per me e giustificare la mia presenza in certe zone particolarmente a rischio e isolate rispetto alle solite mete turistiche.

 

 

Tant’è che nelle mie escursioni sono sempre stato accompagnato da due militari appartenenti in passato ai corpi speciali, uno che è partito con me da Tashkent (la capitale) ed un altro che ho dovuto sempre assoldare nelle varie destinazioni, entrambi dotati di un “lasciapassare” che mi permettesse di non essere immediatamente ricondotto in città dalla polizia di frontiera, con conseguenze non indifferenti.

 

 

Non appena si arriva in montagna fra i pastori medio asiatici e si incontrano i primi stazzi, chiamati dagli uzbeki “Quoton”, stracolmi di pecore e capre e con i vari cani “Boribosar” (cacciatori di lupi) messi a protezione del gregge contro gli attacchi dei predatori, per un appassionato come me è quasi come aver raggiunto il “Paradiso”. Quello che solitamente si vede solo in fotografia o in video su You-tube, non mi sembra vero di averlo davanti ai miei occhi, dal vivo e quindi arricchito da odori e rumori di pastorizia che mi offrono quella magica atmosfera di storia antica che non è facile da descrivere a chi non ha mai avuto l'occasione di provarla.

 

 

Gli autentici pastori di quelle montagne sono sempre molto entusiasti di avere ospiti, specialmente se stranieri e ancor più se europei (non gli capita così spesso di essere visitati e di potersi prendere una breve pausa dal loro lavoro quotidiano); la prima cosa che vogliono è quella che tu ti fermi un po’ con loro a parlare, ti fanno accomodare e mettono subito del tè sul fuoco offrendoti il meglio di cosa posseggono per consumare una delle tante “colazioni” tipiche dell'Asia centrale. Se poi la conversazione continua e diventa interessante, si propongono di uccidere una pecora, di farla arrosto e di tenere con sé l’ospite fino a sera.

 

 

Di tutto il popolo uzbeco, credo che i pastori siano rimasti ancora i meno contaminati in assoluto dal progresso che ha ormai travolto in modo perverso la maggior parte del continente. I pastori non hanno subito troppo l’influenza culturale di tanti anni di rigido comunismo sovietico che dava a tutti un piccolo sussidio in cambio di cieca fedeltà e obbedienza, così come non hanno mai praticato un islam esageratamente radicale, né tanto meno hanno ceduto alle moderne comodità della città: i pastori, sono pastori e sono simili da tutte le parti, vivono per il loro bestiame e tutto il resto del mondo gli “scivola” addosso!

 

Alcuni dei pastori uzbeki più anziani raccontano ancora oggi con orgoglio le imprese di quel pastore nomade (come loro), chiamato “Timur lo Zoppo” che divenne in seguito il grande Tamerlano, condottiero che conquistò buona parte dell'Asia e che fece di Samarcanda la sua capitale. Si tratta di episodi avvenuti vari secoli fa ma dei quali non è difficile sentir raccontare ancora oggi fra i pascoli.

 

Con i pastori che vivono in Asia centrale io mi trovo subito a mio agio, provo molto interesse per il loro ambiente e in particolaare per i cani aborigeni che utilizzano da millenni e quindi diventiamo “amici” in poche ore: il problema è solo quello di riuscire a raggiungerli partendo dall’aeroporto dov'è atterrato il mio aereo.

 

 

Non ci sarà nulla di più sgradevole, per i medio-asiatici che abitano le città, che lasciare la capitale dotata di tutti i confort, per avviarsi verso le regioni circostanti dove tutto è ancora rimasto come cento anni fa, soprattutto le strade che collegano i villaggi di montagna, capaci di mettere fuori servizio anche il migliore dei fuoristrada. In città la vita è ormai diventata molto simile alla nostra occidentale, c’è di tutto: appartamenti confortevoli, alberghi con bagni in camera dotati di acqua calda, negozi di ogni tipo, ristoranti dove si riesce a mangiare discretamente qualsiasi cosa, discoteche, etc. Non appena invece si esce dal centro urbanizzato e ci si avvia in qualsiasi direzione, percorsi non più di una decina di chilometri, si torna indietro nel tempo almeno di un secolo e tutto quello che si lascia alle spalle diventa introvabile, compresa ogni minima comodità: i ristoranti cucinano solo carne arrostita, pane e poco altro, i bagni sono esterni e rappresentati da un buco su alcuni assi posti su una fossa, l’illuminazione è quasi inesistente, i negozi diventano degli spacci occasionali nei quali si trova il minimo indispensabile per sopravvivere. E non è sicuramente questo l’ambiente che la popolazione, ormai abituatasi alle moderne comodità, vuole rivivere visto che fu costretta a subire per secoli. Al momento della trattativa, nella quale si stabilisce quanto dovranno essere le spettanze per il servizio richiesto, le guide ed i traduttori si dicono sempre disposti a tutto, ma non appena si parte, inizia la disperazione più totale degli sventurati turisti, poiché solo pochissime delle cose promesse un attimo prima verranno mantenute. Se poi come “turista" si trovano uno come me che desidera svegliarsi alle 6,00 del mattino per andare sulle montagne a cercare le greggi dei pastori, in pochi giorni si arriva ai ferri corti e le violente discussioni si susseguono numerose durante ogni giorno di permanenza. Quest’anno è stata durissima, le mie guide avevano una voglia di lavorare quasi pari allo zero e per ottenere quanto desideravo mi è toccato giocarmi il fegato e rischiare anche il linciaggio!

C’è da dire che io non mollo tanto facilmente e già dopo le prime ore di viaggio, loro iniziano a capire che io non sono uno di quei tanti italiani “pizza”, “spaghetti” e “Toto Cotugno”, che dopo qualche bicchiere di vodka possono turlupinare come vogliono, ma è proprio per questo che incominciano presto a dimostrarsi ostinati su ogni mia richiesta e, per riuscire a visitare i luoghi che desidero, mi aspetta una “battaglia” psicologica che un essere umano può sopportare solo per pochi giorni e non più di una volta ogni anno.

 

Ogni pochi minuti si presenta una buona occasione per mollare il lavoro e tornare in albergo o recarsi in un ristorante dove riposare: problemi meccanici all’automobile, improvvise esigenze famigliari e di salute, necessità di mangiare, bere, fumare, incontrare parenti, amici e tutto quanto possa servire per non continuare l’escursione.

 

 

Se poi si tratta di dover camminare per un po’ di tempo in montagna, sopraggiungono loro tutti i problemi articolari che possano esistere, basti dire che più di una volta ho dovuto pagare il noleggio di asini o cavalli che portassero in groppa i miei accompagnatori durante alcuni tratti di strada che ci separavano dagli stazzi dei pastori. A tutto questo si aggiunge che i medio-asiatici non sanno minimamente cosa significhi organizzare la giornata lavorativa. Se chiamano per il noleggio di un fuoristrada, non è che si accordano al telefono tanto da ottimizzare il tempo, è invece necessario recarsi a casa del tizio, sedersi per bere il te, conoscere tutti i parenti, visitare la casa, parlare dei vari problemi famigliari e poi, per ultimo, arrivare all'argomento dell’automobile, la quale il più delle volte non è disponibile fino al giorno dopo, quindi diventa inevitabile posticipare ogni programma. Nel frattempo arriva sera, loro ritornano a mangiare, vanno a dormire ed il giorno dopo si riinizia con la solita giornata stracolma di difficoltà.

 

Nonostante tutto, anche quest’anno sono riuscito fortunatamente a incontrare parecchi cani aborigeni, studiarne sia la morfologia che il carattere, ad intervistare anziani pastori con i quali ho parlato dell’evoluzione storica della razza e prendere accordi qualora mi necessitassero in futuro soggetti aborigeni per rinsanguare le mie attuali linee di sangue che seleziono da anni per ottenere affidabili cani da guardia alla proprietà e ottimi cani Anti Lupo per i pastori italiani. Ho fatto vari filmati ai cani che lavorano con le greggi, dei quali ne troverete una parte al termine di questo articolo ed ho raccolto parecchio materiale utile al mio prossimo libro che scriverò sui cani aborigeni dell’Uzbekistan.

 

 

Ho avuto anche l’occasione di incontrare e trascorrere un po’ di tempo con un famoso cacciatore di lupi che conosceva ogni anfratto delle montagne nella parte più meridionale del paese, ovvero quella ai confini con l’Afghanistan, dal quale ho imparato alcuni “segreti” sul comportamento dei lupi e mi sono confrontato su vari argomenti.

 

 

Il cacciatore disponeva di questo “povero” lupo maschio di un anno, cresciuto alla catena fin dai primi mesi di vita e tenuto in giardino legato ad un albero. Gli uzbeki attribuiscono al lupo enormi poteri esoterici ed è quindi usuale abitudine di molte famiglie quella di volere che il selvatico venga condotto, previo compenso, per qualche minuto nel cortile di una casa dalla quale si desidera scacciare il malocchio o nei locali di un’attività per la quale ci si augura futuri profitti.

 

 

Aver potuto ammirare e filmare alcuni comportamenti particolari di questo lupo, nato allo stato selvatico ma cresciuto, dopo la cattura da cucciolo, in stretta cattività a contatto dell’uomo, né più né meno di un cane, mi è servito molto per alcuni studi sul comportamento canino che svolgo da anni nel mio programma di ricerca sulla Cinofilia Naturale. Non ci sono dubbi che il cane derivi dal lupo, come sul fatto che tutti i suoi comportamenti - nessuno escluso - siano una stretta conseguenza del metodo con cui lo si alleva fin dal primo momento di adozione.

 

Incontrare i pastori di quelle montagne è sempre una grande soddisfazione e risulta molto istruttivo per capire quale sia la vera morfologia del meraviglioso animale che oggi tutti conosciamo come pastore dell’Asia centrale ma che per millenni si riprodusse liberamente in quelle terre come cane allo stato semi-randagio. Nessuno dei soggetti che ho incontrato nei pascoli del Sud Uzbekistan superava mediamente i 70 cm di altezza al garrese, né i 40 Kg di peso, proporzioni che mantenne sempre nella storia il vero cane da gregge di tutto il mondo, prima che i cinofili moderni iniziassero con le loro perverse trasformazioni genetiche che lo portarono in certi casi a dimensioni molto più elevate, privandoli così di ogni attitudine a svolgere la loro principale mansione di cani da lavoro, come furono concepiti fin dalle prime fasi di addomesticamento e allevamento del bestiame.

 

 

Il più importante incontro che ho fatto in questo mio viaggio nel Sud Uzbekistan è stato con questo anziano pastore di 95 anni, nato nello stesso posto dove si trova tutt’oggi da genitori che fecero anche loro sempre i pastori, in un'epoca in cui la diffusione dei lupi era maggiore di oggi e i loro attacchi molto più frequenti.

 

 

Sono rimasto per un’intera giornata a parlare sia con lui che con i suoi famigliari, dai quali ho ricevuto molte importanti informazioni sul cane da pastore dell’Asia centrale, su come allevarlo e selzionare il suo carattere.

 

Cliccare QUI per vedere il Filmato sui cani aborigeni del Sud Uzbekistan.

 

 

 

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