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14/09/2016 - Roberto e le sue capre: ...quando il lupo entra nel cortile!



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Quella che vi andrò a raccontare non è la storia di un pastore con un folto gregge di ovini, né di uno che proviene da una tradizionale famiglia di montanari. In compenso, però, non è nemmeno di quelli che negli ultimi anni hanno “fatto finta” di fare i pastori o i malgari attribuendosi greggi o mandrie inesistenti, pascoli fittizi e altri intrallazzi per fare quattrini, magari appoggiati dal solito politico di turno che, per “un pugno di euro”, è sempre ben disposto a far tacere chi invece dovrebbe controllare.

 

 

Roberto di Arezzo è "solo" un piccolo pastore di capre ma fin troppo autentico: per vivere lontano dal traffico urbano e dal sistema moderno in generale, per dedicarsi agli animali con la passione che lo contraddistingue e godersi la Natura che lo circonda, affronta in prima persona ogni giorno il duro lavoro e i continui disagi che hanno sempre caratterizzato nei secoli certe scelte di vita e che hanno scritto fino ad oggi la storia di chi si dedica personalmente all'allevamento del bestiame.

 

Sono ormai nauseato di sentir chiamare “pastori” quei tanti contadini che fanno ben altre attività, attrezzati con quanto esista di meglio nella meccanizzazione agricola, ma che poi, tanto per “arrotondare”, acquistano anche un gregge di pecore e lo affidano ad un qualsiasi “rumeno" affinché se ne occupi, specialmente quando arriva la stagione dell’alpeggio ed è necessario dormire per mesi in montagna allo stazzo, magari in una baita mezza diroccata o in una roulotte senza alcuna comodità, fatiche che molti sedicenti pastori moderni non si sognerebbero nemmeno di fare per una settimana!

 

 

Essere pastori, può rappresentare un vero onore culturale solo se fatto in prima persona, con grande passione per gli animali e per ciò che rappresenta la Natura e necessita di un inesauribile spirito di adattamento, resistenza alla fatica, vocazione alla sofferenza tanto per poter lavorare anche quando la salute scarseggia: gli animali non conoscono né ferie né vacanze! Il vero pastore non ha tregua, né tanto meno comodità o ripari dalle intemperie ma, soprattutto, deve sapersi accontentare di quelli che saranno i guadagni di fine anno, poiché non è mai stato un gregge di pecore o di capre ad arricchire chi ha scelto di occuparsene per mestiere. Non possono essere considerati pastori o malgari coloro che hanno impiantato per semplice business quegli immensi allevamenti intensivi di bestiame che si trovano in pianura: quello è semplice sfruttamento di animali ridotti a schiavitù. Chi invece si occupa in prima persona e con dedizione ai propri animali, rappresenta il cuore di una tradizione da preservare nel tempo che non deve mai essere cancellata nel tempo, essendo una delle tante piccole ma importanti attività che fecero grande il nostro paese.

 

 

Per farvi capire quanto Roberto stia vivendo la sua esperienza di piccolo pastore “tuttofare”, basti pensare che le varie “baracche” di ricovero per le capre, così come i ricoveri per gli agnelli e le cucce per i cani, sono state costruite da lui, con le sue mani e pochi attrezzi, abbattendo alcuni alberi del bosco circostante per poi segarne longitudinalmente i tronchi tanto da ricavarne le assi utili per costruirne le pareti: un lavoro che non vedevo più fare dal tempo dei miei nonni!

 

 

Roberto dispone del minimo indispensabile per proseguire la sua attività: sopravvive vendendo qualche capretto, un po’ di formaggio che fa ad uso familiare con il latte munto a mano e con qualche sporadico aiuto dei genitori ma, specialmente, affittando d’estate la sua casa a turisti stranieri che amano godersi la quiete che si avverte non appena si entra nel cortile di quella piccola azienda agricola, immersa in una delle tante boscaglie delle colline aretine.

 

 

Affittare la propria casa, significa però per la famiglia di Roberto, composta da una moglie graziosa e da due bimbi di pochi anni, doversi trasferire per mesi in un piccolo appartamento ricavato al pian terreno della stessa casa: sacrificio che viene accettato da tutti con grande umiltà e con altrettanta determinazione di voler andare avanti su questa strada che consente all’intero nucleo famigliare di vivere un autentico ed incontaminato rapporto con la Natura.

 

 

La vita dei giovani pastori come Roberto non è mai facile, anzi, tutt'altro, scorre faticosamente sotto la totale indifferenza di chi invece pretende le tasse a fine anno, di chi impone una valanga di burocrazia per concedere la costruzione di una piccola stalla e un minuscolo caseificio per produrre e commercializzare il buon formaggio fatto artigianalmente.

 

 

E, se non bastassero già le tante difficoltà, la casa di Roberto si trova per di più “dispersa” in una foresta, nella quale i lupi non mancano di certo e non disdegnano mai di fargli visita "direttamente in azienda" non appena lui abbassa la guardia.

 

Avevo conosciuto Roberto in occasione del nostro primo Stage Nazionale del CISCAL (Centro Italiano Selezione Cani Anti Lupo) che organizzammo l’anno scorso in Piemonte, in Alta Valle Maira nella provincia di Cuneo e al quale lui decise di partecipare, con la grande speranza di risolvere il suo problema. Mi ricordo quando lo incontrai la prima volta e con il suo inconfondibile accento toscano mi disse: “Ho speso un sacco di soldi per una coppia di cani da pastore che avrebbero dovuto difendermi dai lupi, invece non valgono nulla. Soldi guadagnati con grande sacrificio completamente buttati via per colpa di un allevatore disonesto che mi ha raccontato un sacco di palle! Ora di soldi non ne ho più, in compenso i lupi continuano a farsi sentire ed io temo molto per il futuro delle mie capre, visto che sono l’unica cosa di cui dispongo per mantenere la mia famiglia”.

 

 

Per noi della Federazione Italiana Cani da Guardia, i cani antilupo sono innanzitutto una grande passione e quando incontriamo dei pastori in serie difficoltà dovute alle predazioni, cerchiamo sempre di aiutarli sia offrendo loro dei consigli su come gestire il bestiame al pascolo, sia regalando loro alcuni cuccioli o soggetti adulti di ottimi cani da gregge. Nessuno di noi predilige una razza canina piuttosto di un'altra, anzi, sosteniamo addirittura la tesi che siano proprio i “bastardi” che accompagnarono per secoli i pastori di un tempo a rappresentare la vera soluzione contro il “moderno” predatore e non quanto prodotto nelle gabbie degli allevatori di città. A noi piacciono i cani da pastore veramente “capaci” di saper difendere il bestiame, aldilà dei club di razza, delle tante convenzioni all’italiana e altre “manfrine” sponsorizzate da chi riveste incarichi di potere presso le istituzioni, così come ci schieriamo a favore del concetto che il lupo non vada ucciso, avendo anche lui il diritto di esistere sulla terra come tutti gli altri animali creati dalla Natura. Per dirla in parole povere, a noi interessa fare della buona cinofilia e non politica!

 

 

Come si avverte direttamente dalla sua testimonianza presente nel video allegato al fondo dell’articolo, Roberto è molto amareggiato per quanto gli è successo con quell’allevatore di Mastini dei Pirenei, che gli ha venduto ad un prezzo molto elevato dei cani dichiarandoli antilupo, i quali - di fatto - non ne hanno la minima attitudine, specialmente per la loro grande mole che li rende completamente inadeguati al lavoro con il gregge.

 

Il concetto di “razza pura” che attualmente si cerca di portare avanti per meri scopi commerciali (e politici), non ha il minimo senso se rapportato alle reali necessità della vita rurale, poiché qualsiasi cane di oggi, non è altro che un “sottoprodotto” dei meticci che un tempo lavoravano al fianco dei pastori, prima ancora che la cinofilia moderna ci mettesse le mani.

 

 

Il Maremmano-Abruzzese che oggi ha fatto addirittura intervenire Palazzo Chigi per sostenere che dovrebbe essere chiamato “cane da pecora abruzzese” o “mastino abruzzese”, il pastore del Caucaso, quello del Ciarplanina o “dei Balcani”, preferito da un esperto incaricato dalla COLDIRETTI, il cane da Montagna dei Pirenei o Patù, il Mastino dei Pirenei, il Pastore dell’Anatolia o Kangal e lo stesso pastore dell’Asia centrale che oggi vengono prodotti negli allevamenti, non hanno più nulla a che vedere con quelli che lavorano nei pascoli a difesa del bestiame contro i lupi. Nella storia più antica della cultura pastorale, non esistettero mai i cani di razza abruzzese (quindi solo bianchi), quelli del Caucaso (oggi preferiti a pelo lungo), dell’Anatolia (divisi in due tipologie secondo il loro colore), del Ciarplanina, dell’Asia centrale, etc.., ci furono solo e sempre cani semi-randagi che vivevano in  quelle zone, che si accoppiavano fra loro senza alcun controllo e che i pastori utilizzavano quando e se gli servivano per proteggere i loro animali!

 

 

Tutto il resto non sono che favole inventate, che rendono molto a qualcuno, ma che non serviranno mai a difendere il bestiame dai reali attacchi dei lupi.

 

Un articolo sull’appena legiferato “mastino abruzzese”, voluto da alcuni politici, cita testualmente: “Il cane bianco italiano da custodia delle greggi della tradizione pastorale abruzzese possiede e si distingue per l’assoluta mancanza di istinto predatorio e di ogni forma di aggressione nei confronti degli ovini; concetto che si perfeziona nell’istinto mastino, quale rapporto di protezione e fratellanza nei loro riguardi”. Assoluta mancanza di istinto predatorio nei confronti degli ovini? Ma se ogni anno i pastori sono costretti ad "eliminarne" parecchi perché gli aggrediscono sia pecore che agnelli, come fanno tutti gli altri cani del mondo! Rapporto di protezione e fratellanza nei loro riguardi? Un cane che si sente fratello delle pecore? Ma da quando? Non sono forse i più importanti biologi americani Coppinger ad aver sempre sostenuto il contrario, dicendo che i cani proteggono il bestiame dal lupo poiché lo considerano la loro naturale riserva di cibo? E’ incredibile cosa si riesce a fare in Italia con l'appoggio della politica! Non di certo della buona e sana cinofilia!

 

 

Il primo cane antilupo che entrò nell’azienda di Roberto fu Lucky (foto sopra), diventata ormai famosa fra i pastori per le sue performance contro il predatore: dove c’è un'emergenza, arriva lei che, pur essendo solo una femmina, sa come farli stare ben alla larga.

 

 

Subito dopo arrivò Boris (foto sopra), ancora cucciolo ma figlio di collaudatissimi cani antilupo, utilizzati da un pastore piemontese. Oggi, ormai cresciuto, possiede ogni dote necessaria per difendere un gregge dai lupi.

 

 

Infine Kuruk (foto sopra), figlio del grande Senegal, il quale in Transilvania non conobbe mai troppi rivali fra gli altri cani da pastore che vivono in quelle foreste. Kuruk è stato portato ad  Arezzo già all’età di un anno e mezzo, dopo una significativa esperienza trascorsa in un alpeggio cuneese al fianco di altri cani antilupo. Oggi si è integrato molto bene nel gregge e dà man forte agli altri cani per la protezione del piccolo gregge di Roberto.

 

 

Da Lucky e Boris è anche nata una splendida cucciolata che Roberto ha cresciuto e in parte già sistemato presso altri che necessitavano di cani con caratteristiche simili a quelle dei genitori.

 

Roberto nutre grande passione non solo per le sue capre (che sta cercando di aumentare di numero) ma anche per i cani in generale, tant’è che ha già conseguito la qualifica di Tecnico Cinofilo per cani da Guardiania Antilupo rilasciata dalla Federazione Italiana Cani da Guardia e rappresenta il nostro CISCAL per la provincia di Arezzo, così come ha deciso di partecipare al prossimo Stage del 17/18 Settembre 2016 a Peveragno CN, per diventare Consulente di Cinofilia Naturale per supportare i proprietari di cani di qualsiasi razza che necessitano di consigli utili su come crescere e gestire al meglio i loro animali.

 

 

Per dirla alla maniera di Roberto: “Tutto aiuta per sopravvivere, visto che a fare il pastore c’è poco da mordere!”.

 

Cliccare QUI per vedere il Filmato di Roberto.




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